Paperando

"DETTI famosi" e "FRASI fatte"

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silvanapat
view post Posted on 24/12/2007, 05:42




....continua..

Bando alle ciance

Le ciancie sono (nel vernacolo toscano) le chiacchiere futili e vane, da cui "andiamo a fare quattro ciance".

Per cui "bando alle ciance" può avere il significato "basta con le parole" (e magari passiamo ai fatti).

Ma ciance significa anche frottole, stupidaggini, fandonie per cui il significato potrebbe essere "basta con le frottole!"

Bava di vento

Vento leggerissimo e continuo, di forza inferiore alla brezza, secondo la Scala di Beaufort.

Bello/a e impossibile

Questa frase indica generalmente una persona (uomo o donna) molto bella e affascinante che viene ritenuta molto difficile da conquistare in senso amoroso.

L'espressione trae origine dalla canzone "Bello e impossibile", cantata dalla cantante senese Gianna Nannini e scritta nel 1986 che parla della forte attrazione di una donna per un uomo mediterraneo dagli occhi neri.

Bisbetica domata

Così viene a volte chiamata una donna dal carattere difficile, che in seguito è stato addolcito dagli eventi.

L'espressione è ripresa dal titolo italiano di una commedia di Shakespeare, The Taming of the Shrew (1594).

Braccia rubate all'agricoltura

Motto ironico con cui si apostrofa una persona che svolge un lavoro intellettuale senza sembrarne all'altezza.

Brutto anatroccolo

Il brutto anatroccolo della celebre fiaba omonima di Hans Christian Andersen (nell'originale danese grimme ælling) è in realtà un piccolo cigno, il cui uovo è finito in un nido di anatre: la sua bellezza si rivelerà soltanto nella maturità.

Con questa fiaba, Andersen ha creato una potente metafora dell'adolescenza: l'espressione "brutto anatroccolo" è rimasta nella lingua italiana ad indicare una persona apparentemente sgraziata, ma dotato di potenzialità ancora inespresse.

Brutto, sporco e cattivo

Espressione mutuata dalla lingua lombarda "picínin, brüt e catif", di analogo significato.

Usata originariamente per indicare quei bambini che non avevano alcun pregio, al punto da essere mingherlini ("picínin"), pestiferi ("catif") e di spiacevole aspetto ("brüt"), è divenuta in seguito una locuzione per indicare, anche ironicamente, persone prive di qualità.

In italiano è più diffusa la variante Brutti, sporchi e cattivi, adoperata come titolo di un film di Ettore Scola con Nino Manfredi (1975).

Buonanotte al secchio

"Lasciamo perdere, non c'è niente da fare".

Espressione idiomatica di origine romanesca: probabilmente allude a un aneddoto di cui si è persa ogni altra traccia (il "secchio" potrebbe essere quello di un pozzo, sprofondato nell'oscurità per la rottura della catena).

Buttarla in caciara

Espressione romanesca. "Volgere in confusione una conversazione a sé sfavorevole".

C'è del marcio in Danimarca

"Something is rotten in the state of Denmark".

È una celebre frase pronunciata da Marcellus, ufficiale danese, nell'Amleto di William Shakespeare (Atto I, scena IV), durante la prima apparizione dello spettro.

Oggi la frase si usa per suggerire che in un certo ambiente qualcuno stia congiurando ai danni di altri.

Caccia alle streghe

Persecuzione spietata e priva di fondamento razionale.

L'espressione si riferisce alle pratiche giudiziarie diffuse in Europa tra la fine del Medioevo e l'inizio dell'età moderna, che consentivano ai tribunali di imprigionare, torturare e mandare a morte uomini e donne con la sola accusa di stregoneria o di commercio col diavolo, il più delle volte contestata a membri più o meno irrequieti delle classi popolari.

Cadere (cascare, scendere) dal pero

L'espressione potrebbe derivare dall'antica locuzione stare sulle cime degli alberi, adoperata per designare chi parlava in modo troppo difficile o supponente: da cui l'invito a scendere dal pero e a tornare a comunicare coi propri simili.

Chi invece "casca" dal pero, sperimenta un doloroso impatto con la realtà, dopo essere stato per troppo tempo nel mondo illusorio dei propri pensieri, o della propria infanzia, ecc.

Cadere (cascare) dalle nuvole

Un tempo l'espressione aveva due significati:

1. "arrivare all'improvviso, senza avvisare".
2. "scoprire con incredulità qualcosa di evidente per tutti"


In entrambi i casi, le "nuvole" rimandono alla divinità: dalle nuvole, ad esempio, proviene la folgore di Zeus, che colpisce senza preavviso.

Ma sulle nuvole risiedono anche gli angeli e i santi del paradiso cristiano, che cadendo oggi sulla terra si troverebbero immersi in un mondo del tutto nuovo e stupefacente per loro.

Dei due significati, oggi ormai resiste solo il secondo: come se la divinità non fosse più in grado di stupire ma solo di farsi stupire.

continua............

Edited by silvanapat - 19/2/2008, 16:13
 
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silvanapat
view post Posted on 24/12/2007, 22:57




continua

Cadere nelle braccia di Morfeo


Addormentarsi.

Morfeo, figlio di Ipno e di Notte, è considerato il Dio greco dei sogni.

Calende greche

Le calende (Kalendae) erano festività latine, non previste dal calendario greco.

Perciò rimandare qualcosa "alle calende greche", significa rimandarlo per sempre.

L'espressione è un calco della locuzione latina Ad Kalendas graecas, attribuita da Gaio Svetonio Tranquillo all'imperatore Augusto.


Calumet della pace


È la particolare pipa che i capotribù nativi americani fumavano quando si incontravano per stipulare una pace.

L'espressione si è diffusa in Italia in seguito al successo dei film western nel secondo dopoguerra.

Campa cavallo

L'espressione deriva dal proverbio tradizionale "campa cavallo che l'erba cresce", che potremmo parafrasare così: "finché tutto va bene, ci si può permettere di vivere senza troppi pensieri".

L'espressione è fondamentalmente ambigua: campa cavallo può essere un augurio, ma può anche celare un fondo d'ironia: non è detto che le cose vadano bene per sempre.

Vedi anche: Aspetta e spera

Si racconta che un povero diavolo portava a mano un cavallo vecchio, stanco, sfinito, per una strada sassosa dove si vedeva appena, di quando in quando, un misero filo d'erba.

Il cavallo stava per cadere, sopraffatto dalla fame e il padrone cercava d'incoraggiarlo dicendogli: "Non morire, cavallo mio, tira avanti ancora per un po'; campa finché crescerà l'erba e potrai sfamarti".


Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo

È il controllato grido di esultanza con cui il telecronista RAI Nando Martellini festeggiò il fischio finale di Italia-Germania, al Santiago Bernabeu, l'11 luglio 1982: la Nazionale di calcio italiana aveva vinto il Campionato del Mondo.

"Campioni del mondo" è stato volutamente ripetuto tre volte, perché era la terza volta che l'Italia vinceva la coppa.

Viene a volte adoperato con intenti parodici o come reminiscenza nostalgica.

Candido come un giglio

Purissimo.

Il giglio è un fiore bianco, il colore che simboleggia la purezza e la verginità.

Cane bastonato

Persona dall'aria depressa.

Cane sciolto

Persona anticonformista, che non segue la massa, poco incline a uniformarsi.

continua...............

Edited by silvanapat - 19/2/2008, 16:18
 
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view post Posted on 25/12/2007, 18:13
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La felicità è come una farfalla:dura il tempo di un battito d'ali

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silvanapat
view post Posted on 26/12/2007, 09:29




continua

Capro espiatorio

Il capro espiatorio era una capra che veniva allontanata nella natura selvaggia, come parte delle cerimonie ebraiche dello Yom Kippur, il Giorno dell'Espiazione, all'epoca del Tempio di Gerusalemme.

Il rito viene descritto nella Bibbia (Levitico, 16), nella Mishnah (Yoma cap. 6) e nel Talmud (Yoma, fogli 66-67).

Nella Bibbia ebraica

Due capri venivano portati, assieme ad un toro, sul luogo del sacrificio, come parte dei Korbanot ("sacrifici") del Tempio di Gerusalemme.

Il sacerdote compiva un'estrazione a sorte tra i due capri.

Uno veniva bruciato sull'altare sacrificale assieme al toro.

Il secondo diventava il capro espiatorio.

Il sacerdote poneva le sue mani sulla testa del capro e confessava i peccati del popolo di Israele.

Il capro veniva quindi allontanato nella natura selvaggia, portando con sè i peccati del popolo ebraico, per essere precipitato da una rupe a circa 10 chilometri da Gerusalemme.


La visione cristiana

Nella teologia cristiana, la storia del capro espiatorio nel Levitico viene interpretata come una prefigurazione simbolica dell'auto-sacrificio di Gesù, che si accolla i peccati dell'umanità, essendo stato scacciato dalla città per ordine dei sacerdoti.

Senso figurato del termine

In senso figurato, un "capro espiatorio" è qualcuno a cui è attribuita tutta la responsabilità di malefatte, errori o eventi negativi e deve subirne le conseguenze ed espiarne la colpa.

La ricerca del capro espiatorio è l'atto irrazionale di ritenere una persona, un gruppo di persone, o una cosa, responsabile di una moltitudine di problemi.

La ricerca del capro espiatorio è un importante strumento della propaganda: ad esempio, gli Ebrei vennero individuati dalla propaganda nazista come fonte del collasso politico e dei problemi economici della Germania.

La ricerca del capro espiatorio è spesso più devastante quando viene applicata a un gruppo di minoranza, perché questo trova difficile difendersi dalle accuse.

Una tattica spesso impiegata è quella di caratterizzare un intero gruppo di individui per la condotta non etica o immorale di un piccolo numero di appartenenti a tale gruppo.

Il capro espiatorio nella letteratura


Benjamin Malaussène, protagonista di un ciclo di romanzi di Daniel Pennac, svolge il ruolo di capro espiatorio come professione.

In alcune interviste, Daniel Pennac ha dichiarato di aver creato il personaggio di Malaussène-capro espiatorio dopo aver letto l'opera "Il capro espiatorio" di René Girard.

William Holman Hunt
'The Scapegoat'

image


In questa pagina ho inserito solamente la definizione del "Capro espiatorio" perchè meritava una lunga spiegazione

..continua...............

A proposito ho letto i romanzi di Pennac con il protagonista Benjamin nel ruolo di capro espiatorio.............credetemi, meritano di essere letti!!! :022.gif:

Edited by silvanapat - 19/2/2008, 16:23
 
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silvanapat
view post Posted on 27/12/2007, 15:14




....continua........


Carità pelosa

È detta "pelosa" la carità che si fa per interesse.

Il Dizionario moderno (1908) di Panzini e il Dizionario etimologico di Pianigiani (1907) fanno risalire la voce a un aneddoto storico:

"Quando Giuliano il Bastardo chiese aiuto al Papa, questi gli mandò una preziosa reliquia: alcuni peli della barba di San Pietro.

Ma Giuliano vinse effettivamente la guerra, e ricompensò il pontefice con "larghe concessioni".


L'espressione è più probabilmente derivata dal modo di dire, molto popolare nell'Ottocento, avere il pelo sul cuore (essere insensibile).


Carne da cannone

La carne da cannone è quella dei soldati (e più precisamente dei fanti), destinati a fronteggiare l'artiglieria come le bestie sono destinate al macello (e carne da macello viene infatti spesso usata con lo stesso significato).

La locuzione nasce da una spregiudicata metonimia: gli individui sono raffigurati come carne indistinta.

Per il suo cinismo, la frase è spesso usata con intenti polemici per criticare le guerre e i guerrafondai.

L'originale francese, "le soldat est la chair à cannon" fu attribuito a Napoleone Bonaparte dall'Abate de Pradt, con il chiaro intento di screditare il condottiero.

L'espressione fu ripresa e tradotta da Giacomo Leopardi nei suoi Pensieri: "Napoleone fu [...] oggetto per dir così, di culto ai soldati, che egli chiamò carne da cannone e trattò come tali".

Carneade! Chi era costui?

È la frase iniziale dell'VIII capitolo dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, pronunciata da uno dei personaggi, Don Abbondio, mentre legge il testo di un panegirico in onore di San Carlo Borromeo, all'interno del quale trova menzionato il filosofo Carneade.

La fortuna dell'espressione presso i contemporanei di Manzoni fu tale che ancora oggi un personaggio storico o di fantasia poco noto viene chiamato "un carneade".

L'espressione viene usata (anche nella forma XXX. Chi era costui?) per esprimere o confessare l'ignoranza di un personaggio storico o di fantasia.


Carta bianca

Espressione che indica la possibilità conferita a qualcuno di affrontare una situazione o un problema nel modo ritenuto più opportuno, senza vincoli scritti.


Carta canta

I documenti parlano chiaro, ciò che è scritto non si può smentire.

Carta vince carta perde

Locuzione che accompagna il gioco delle tre carte, prototipo del gioco d'azzardo truffaldino.

Casa e chiesa


Persona che non ha altri interessi o attività.

Castelli in aria

Costruire castelli in aria significa progettare senza fondamenta, senza un piano, fantasticando.


Cattedrale nel deserto

Si dice di un grande progetto inutile.

Cavalcare la tigre

Cercare di sfruttare un avvenimento potenzialmente pericoloso.

Cavallo di battaglia

Espressione usata spesso nel mondo dello spettacolo ed indica il pezzo migliore del repertorio con il quale si ottengono i risultati migliori.

Cavallo di razza

Persona dalle doti eccezionali per compiere un certo compito.

continua...................

Edited by silvanapat - 19/2/2008, 16:28
 
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silvanapat
view post Posted on 28/12/2007, 07:26




continua.......

Casalinga di Voghera

"Casalinga di Voghera" è un'espressione popolare molto comune nel giornalismo che vuole rappresentare quella fascia della popolazione italiana dal basso livello di istruzione e che possiede un lavoro generalmente molto semplice o umile, tuttavia "rispettabile" per il suo senso pratico di stampo tradizionale.

Di rado viene utilizzata in senso dispregiativo, altre volte è usata come sinonimo di saggezza popolare.

Tra le molteplici attribuzioni più o meno attendibili, il primo uso documentato dell'espressione è riferito ai detrattori della scrittrice Carolina Maria Margarita Invernizio (Voghera 1858 - Cuneo 1916).

Virtuosa signora della buona borghesia piemontese nella vita quotidiana, raggiunse un'incredibile fama in tutta Europa come scrittrice di romanzi popolari, grazie alla sua prosa di facile lettura per un pubblico illetterato, sotto il suo cognome da coniugata ("Signora Quinterno").

Molto popolare tra le domestiche venne spesso definita con scherno "la casalinga di Voghera", "l'onesta gallina della letteratura popolare", e "Carolina di servizio".

In un articolo sul Corriere della Sera lo scrittore Alberto Arbasino, nato anch'egli a Voghera, rivendicò la paternità dell'espressione, utilizzata originariamente negli anni sessanta in alcuni suoi articoli di critica letteraria pubblicati su L'espresso, in cui si riferiva alle sue zie di Voghera come rappresentative di un solido buon senso lombardo, virtù di cui erano privi, a parer suo, molti italiani.

Secondo alcuni esperti di storia della televisione, il vero successo dell'espressione fu dovuto all'articolo "Casalinga ama Vespa, non corrisposta" pubblicato da Beniamino Placido sul quotidiano La Repubblica a metà degli anni ottanta.

La "Casalinga di Voghera" è stata citata dal conduttore tv Gerry Scotti innumerevoli volte nei sui vari quiz e show.

Spesso ricorda anche le sue "Zie di Voghera".

Il Tg3 del 4 agosto 2007 ha dedicato un servizio alle casalinghe di Voghera, riferendosi esplicitamente a questa voce di Wikipedia.


Cavallo di Troia

Il Cavallo di Troia è una macchina da guerra che, secondo la leggenda, fu usata dai greci per espugnare, con uno stratagemma, la città di Troia.

Il termine Cavallo di Troia è entrato nell'uso letterario, ma anche nel linguaggio comune, per indicare uno stratagemma ingannevole con cui penetrare nelle difese di un nemico che non è possibile sconfiggere in una battaglia in campo aperto.

Cento di questi giorni

Espressione augurale utilizzata soprattutto in occasione di compleanni o in generale altre feste ricorrenti (tipicamente ogni anno).

Augura a chi se la sente rivolgere di trascorrere altri cento giorni felici come quello che si sta festeggiando quindi, implicitamente, augura una lunga vita al festeggiato.


Che mangino brioches


Espressione attribuita alla regina Maria Antonietta D'Austria, pronunciata per rispondere ad un suo suddito che le disse: "il popolo ha fame".

Questa espressione sta ad indicare che l'argomento di cui si parla non interessa molto.

Che ci azzecca


Espressione dialettale che significa "che c'entra?".

Solitamente si usa per interrogarsi sulla relazione che hanno tra loro due fatti e/o due persone, che apparentemente sembrano non avere nessun punto in comune.

La frase, già adoperata soprattutto nell'Italia centro-meridionale, è diventata di uso comune dopo essere stata adoperata da Antonio Di Pietro in una delle sue prime interviste televisive, ed è ancora oggi associata a lui.

Spesso viene scritta nella forma (scorretta) che c'azzecca.


continua.................

Edited by silvanapat - 19/2/2008, 16:44
 
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incantatore
view post Posted on 28/12/2007, 08:41




molto interessante questo tuo post , silvana :D
continua a ci farai piacere
 
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silvanapat
view post Posted on 28/12/2007, 08:55




sono contenta che vi piaccia, quindi continuerò!!!! image image image
 
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silvanapat
view post Posted on 30/12/2007, 07:24




continua...


Che vale un Perù

Che ha molto valore, usato sia per persone che per cose.

Il modo di dire deriva dall'oro che i conquistadores spagnoli trovarono in Perù e portarono in Europa.

Chi c'è c'è (e chi non c'è non c'è)

Di uso comune, sta a significare che chi parteciperà (ad es. ad una festa o ad una cena o ad un'iniziativa di qualsiasi tipo), sarà ben accetto e potrà godere della compagnia degli altri; chi invece non sarà presente, non sa cosa si è perso, ma nessuno ne sentirà la mancanza.


Chi ha orecchie per intendere, intenda

Chi vuole ascoltare e comprendere ciò che dico, lo faccia.

A sottolineare che ci possono essere persone alle quali il discorso può non far piacere o dare fastidio e quindi faranno finta di non ascoltare o di non capire.


Chi non risica non rosica

Solo chi si impegna, anche rischiando, riesce ad ottenere qualcosa di veramente importante.

Chi non salta è

Coro goliardico gridato ritmicamente mentre si saltella sul posto da parte di un gruppo antagonista per distinguersi dalla fazione opposta.

Per esempio, nello stadio Olimpico, i romanisti potrebbero cantare "chi non salta un laziale è, è, chi non salta..." obbligando tutti i romanisti a unirsi al coro e a saltellare per non essere additati come laziali.


Chi vuol esser lieto sia

Citazione dal ritornello del Trionfo di Bacco e Arianna, di Lorenzo de' Medici: Com'è bella giovinezza / Che si fugge tuttavia / Chi vuol esser lieto sia / Del doman non c'è certezza.


Chiudere la stalla dopo che sono scappati i buoi

Fare l'azione giusta, ma ormai con troppo ritardo e quindi inutilmente.


Chiudersi a riccio

Chiudersi in se stessi evitando di socializzare con gli altri.


Chiudi il becco

Espressione generalmente considerata sconveniente e offensiva, che viene usata per intimare a qualcuno di smettere di parlare immediatamente, specie se lo sta facendo in un momento inadatto.

L'uso della parola "becco", invece di "bocca", è dato dal sottinteso paragone tra la persona che sta parlando e le galline (con riferimento al chiocciare).

Poiché inoltre si ritiene che le galline siano animali dalla poca intelligenza, per estensione, la frase significa anche che è meglio tacere, poiché si stanno dicendo cose poco serie e/o di poco interesse.

L'espressione veniva spesso adoperata nei dialoghi cinematografici e televisivi, in luogo di espressioni più volgari (in questo senso, pur essendo chiaramente offensiva, ha un valore eufemistico), a volte come corrispettivo italiano di espressioni analoghe ("shut your mouth", in inglese; "ferme ta gueule" in francese)


Chiare, fresche, dolci acque

Inizio dalla canzone 126 del Canzoniere di Francesco Petrarca.


Ci fai o ci sei?

Fai finta di essere o di comportarti così, oppure sei proprio così?

Ci vedremo a Filippi

In un passo di Plutarco - poi ripreso da Shakespeare nel suo Julius Cesar.

Bruto riceve in sogno la visita di un fantasma (probabilmente Cesare) che rivolto a lui pronuncia la celebre frase.

La Storia ci dice che proprio nella battaglia di Filippi il Cesaricida morirà per mano di Antonio.

Questa espressione viene quindi usata per intimare, spavaldamente, a un avversario la certezza della propria vittoria o per annunciare un futuro regolamento di conti.

Cieco come una talpa

L'espressione si riferisce al fatto che le talpe, che vivono nel sottosuolo, sarebbero cieche (questo non è tecnicamente esatto).

Paragonare qualcuno ad una talpa è come dire che ci vede poco o per nulla; può essere usato sia in senso patologico, per indicare per esempio una persona molto miope, ma anche in senso figurato.

In tal caso significa che la persona di cui si parla ha una visione della vita e della realtà molto limitata.


Ciurlare nel manico

Ciurla nel manico una persona o cosa che risulti incerta e non affidabile.

Se la lama di un coltello non è ben inserita nel manico o se ne è staccata per il lungo uso, l'arnese diventa inservibile, perché la lama perde ogni resistenza girando (ciurlando) nel manico.


Cogliere in contropiede

Prendere alla sprovvista qualcuno, che improvvisamente si trova senza difesa.

Mutuato dal gergo calcistico, nel quale si definisce contropiede un rovesciamento repentino dell'azione, nella quale chi stava attaccando è costretto a tornare affannosamente in difesa.


Colpirne uno per educarne cento

Slogan della lotta armata degli anni settanta.

Colpo di fulmine

L'espressione è adoperata di solito per indicare un innamoramento a prima vista, improvviso e non previsto: si tratta di un calco del francese "coup de foudre", attestato sin dal 1671.

Colpo di spugna

Eliminare problemi o colpe in maniera decisa e indistinta.

Col senno di poi

Adesso che le idee sono più chiare.

Il senno è la capacità intellettuale integra di una persona.

Coltivare il proprio orticello

Concentrarsi sul proprio interesse particolare.

Potrebbe trarre origine dal motto di Candide, personaggio omonimo del romanzo di Voltaire: Il faut cultiver son jardin.

Com'è umano, Lei!

È uno dei tormentoni ironici usati da Fracchia e Fantozzi, personaggi cinematografici e televisivi di Paolo Villaggio.

In realtà significa l'esatto contrario; sottolinea cioè con sarcasmo come la persona che abbiamo davanti in realtà sia dura e spietata.

Può essere usato in riferimento a un comportamento, a un'ideologia, ad un modo di gestire una situazione, eccetera. La terza persona dà un carattere ancora più ironico alla frase.


Comandare a bacchetta

Comandare senza dare il minimo margine di discrezionalità ai sottoposti. Come farebbe il direttore d'orchestra.


.continua...............

Edited by silvanapat - 19/2/2008, 16:53
 
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silvanapat
view post Posted on 31/12/2007, 07:52




continua.........

Come volevasi dimostrare


Come volevasi dimostrare è un'espressione che viene posta abitualmente al termine di una dimostrazione matematica, per segnalare che il risultato voluto è stato definitivamente dimostrato.
Spesso è sostituita dalla sigla "CVD". È anche un modo di dire della lingua italiana.

Origine e varianti


Come volevasi dimostrare è la versione italiana più diffusa dell'espressione latina quod erat demonstrandum (abbreviata in Q.E.D.), che è diffusa internazionalmente.
Quest'ultima è a sua volta derivata dalla locuzione greca oper edei deixai | ὅπερ ἔδει δεῖξαι (hòper èdei dèixai), utilizzata, tra gli altri, da Euclide e Archimede).
Il significato di entrambe le espressioni sarebbe propriamente "Come dovevasi dimostrare" (e così infatti a volte si dice in italiano).

La sopravvivenza di questa espressione (o dei suoi equivalenti qui citati) nella quasi totalità della letteratura matematica, dall'antichità fino ad oggi, non è dovuta a puro amore per la tradizione.
Infatti in un testo di matematica è essenziale, per la piena comprensibilità dei nessi logici, che l'enunciato di una proposizione e la dimostrazione della medesima siano separati fra loro e dal contesto (più o meno discorsivo) in cui il teorema è inserito.
Per questa ragione gli enunciati dei teoremi sono introdotti dall'indicazione "Teorema" o "Proposizione" (ovvero, nei casi appropriati, "Lemma" o "Corollario") e spesso scritti in carattere diverso (ad esempio corsivo); la dimostrazione è introdotta dalla parola "Dimostrazione" e conclusa dall'espressione Quod erat demonstrandum o da una locuzione o simbolo equivalente.
In questo modo il lettore può isolare agevolmente e senza incertezze la dimostrazione di ciascuna proposizione.

Modo di dire


La diffusione di Come volevasi dimostrare nella pratica scolastica ha determinato il suo successo nell'italiano parlato, e nel lessico giornalistico, dove l'espressione viene usata in senso parodico, per sottolineare ironicamente, a posteriori, la prevedibilità di un determinato fatto o la veridicità di un'affermazione cui altri non volevano credere.

Particolarità grammaticale


La frase si segnala per la presenza di un vero e proprio hàpax legòmenon lessicale: nell'italiano moderno la forma verbale volevasi, con il pronome passivante si saldato come suffisso all'imperfetto indicativo voleva, compare unicamente in quest'espressione.

La presenza di volevasi in luogo della forma normale "si voleva" è un preziosismo che identifica immediatamente la frase come non colloquiale. Chi l'adopera fa perciò implicitamente riferimento a un gergo specialistico, che viene a seconda dei casi evocato in senso parodico, oppure come prova indiretta della propria cultura e della propria esperienza.

In letteratura


Esistono almeno due romanzi pubblicati in Italia col titolo: "Come volevasi dimostrare".
Entrambi sono traduzioni dall'inglese.

"Come volevasi dimostrare" è il titolo con cui è noto in Italia un romanzo della scrittrice statunitense Gertrude Stein, pubblicato in origine negli USA sotto il titolo QED (1903), e in seguito come The things as they are ("Le cose come stanno", 1950).
"Come volevasi dimostrare" è un giallo di Rex Stout del 1960, appartenente al ciclo di Nero Wolfe. Nell'originale s'intitolava "The Rodeo Murder".


continua

Edited by silvanapat - 22/2/2008, 15:09
 
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silvanapat
view post Posted on 3/1/2008, 15:38




continua...

Come il cacio sui maccheroni


Un evento o fatto che si verifica in modo molto opportuno, o al momento giusto, è descritto metaforicamente come il cacio (formaggio) sui maccheroni: un abbinamento tipico della cucina italiana.

Come se piovesse

Significa "in quantità sovrabbondante".

Compagni dai campi e dalle officine

Verso di una celebre canzone di Paolo Pietrangeli del 1966, intitolata Contessa, ancora echeggiante in certe manifestazioni di sinistra.
Compagni dai campi e dalle officine / prendiamo la falce, impugnamo il martello / scendiamo giù in piazza, picchiamo con quello / scendiamo giù in piazza, affossiamo il sistema.

Compagni di merende

Compagni di merende è il nome dato dai mass media ad una banda condannata per aver compiuto gli omicidi attribuiti al cosiddetto mostro di Firenze.
Per traslato la frase ha assunto un tono ironico: nell'italiano colloquiale vengono chiamati compagni di merende persone unite da complicità nel tramare segretamente qualcosa alle spalle di qualcuno.

Con le pive nel sacco

L'espressione italiana con le pive nel sacco, spesso utilizzata in congiunzione con forme verbali predefinite come nelle frasi «ritornare, rimanere, ritirarsi con le pive nel sacco», è una polirematica che significa «con delusione e umiliazione per non aver ottenuto ciò che si voleva».
Il termine pive è una designazione generica per vari strumenti musicali a fiato come il piffero, lo zufolo e in particolare la cornamusa.

Il detto deriverebbe dall'antica usanza militare ancora diffusa di suonare la tromba o la cornamusa durante le marce di trionfo dopo una vittoria.
In caso di sconfitta l'esercito si ritirava invece in silenzio, senza suonare gli strumenti musicali che rimanevano chiusi negli appositi sacchetti di custodia oppure negli zaini dei soldati (nel sacco).

Una seconda ipotesi vede invece l'origine del modo di dire in un'usanza tipica del periodo natalizio, quando gli zampognari girano per il paese suonando cornamuse, zampogne o ciaramelle per raccogliere denaro alle porte delle case.
Anticamente si accettavano anche doni di altro tipo, come cibo e vestiti, che venivano riposti in un sacco di iuta.
Se si ricevevano pochi doni, nel sacco semivuoto c'era abbastanza spazio per mettere anche le pive.

continua.............

Edited by silvanapat - 22/2/2008, 15:12
 
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view post Posted on 4/1/2008, 00:20
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grazie silvana, questa tua raccolta è veramente molto bella!!! :42m5b8n.gif: :42m5b8n.gif: :022.gif: :025.gif:
 
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silvanapat
view post Posted on 4/1/2008, 11:10




continua...........

* Con le unghie e con i denti

Difendere qualcosa con caparbia energia. Usato anche in senso metaforico riferendosi alle proprie idee, che vengono difese "con le unghie e con i denti".

* Con un palmo di naso

"Deluso e allibito". Ricorre nelle espressioni lasciare, restare, rimanere con un palmo di naso.
Da non confondere con la simile espressione a un palmo di naso.

* Conciare per le feste / Conciare per il dì delle feste

Malmenare, procurando danni visibili alla pelle.


* Conoscere i propri polli

Sapere con chi si ha a che fare e perciò saper gestire la situazione nel migliore dei modi.

* Contare come il due di briscola / il due di picche

Non contare nulla.

Il due di briscola è la briscola più bassa nel gioco delle carte. Nel bridge il due di picche è in assoluto la carta dal valore più basso.
Si usa anche dire: "Conta come il due di bastoni quando regna denari".

* Contare fino a dieci

Riflettere prima di parlare.

* Contare le pecore

È il consiglio che si dà a chi non riesce a prendere sonno. Questa attività mentale, ripetitiva e noiosa facilita l'addormentarsi.

* Contento come una pasqua

Modo di dire che si riferisce a chi manifesta grande felicità e gioia.
Deriva, appunto, dal fatto che il giorno di Pasqua è un giorno di grande gioia.

continua

Edited by silvanapat - 22/2/2008, 15:14
 
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silvanapat
view post Posted on 15/1/2008, 07:49




continua...

Convergenze parallele

Ossimoro e paradosso


Dal punto di vista retorico, l'espressione è un ossimoro, in quanto nasce dall'accostamento di due parole in forte antitesi.

Le convergenze parallele sono infatti un ovvio paradosso: due rette parallele non possono convergere.

L'espressione è spesso usata per indicare che a due partiti o movimenti può capitare di convergere, pur mantenendo una sostanziale coerenza con le rispettive linee politiche.

Aldo Moro e il compromesso storico


Storicamente, l'espressione è attribuita ad Aldo Moro, che negli anni Settanta l'avrebbe utilizzata per descrivere il processo di avvicinamento tra DC e PCI noto anche come compromesso storico.

La frase è diventata anche un esempio del politichese tipico della prima repubblica, che a volte raggiungeva livelli di astrattezza tali da rasentare il puro surrealismo.
In questo senso a volte è usata con intento parodico.

La frase è anche considerata un'epitome di tutta la carriera politica di Moro (sempre rivolta alla ricerca del compromesso), tanto da aver dato titolo a un libro dedicato a lui.

In realtà a tutt'oggi non è chiaro quando Moro abbia pronunciato questa espressione: alcuni (tra cui Mino Martinazzoli, ex collega di partito) considerano l'attribuzione a Moro una leggenda urbana.

continua.................

Edited by silvanapat - 22/2/2008, 15:17
 
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silvanapat
view post Posted on 17/1/2008, 06:39




continua...

* Convitato di pietra

"Muta presenza inquietante e minacciosa".

Così il dizionario "Parole per ricordare" (Zanichelli) riporta e traduce la locuzione "il convitato di pietra" tratta dalla leggenda di Don Giovanni, che per averne sottovalutato le materiali capacità distruttive finì all'inferno senza nemmeno avere il tempo di pentirsi.

È una locuzione presa a prestito dall'opera "Don Giovanni", che indica una persona assente la cui presenza incombe sui presenti.

Una persona a cui tutti pensano ma che nessuno osa nominare direttamente.

* Correre la cavallina

Abbandonarsi a una vita spensierata e disordinata.

* Coscienza critica

Si definisce coscienza critica di un gruppo di persone un individuo che, pur essendo parte integrante del gruppo, assume talvolta atteggiamenti critici rispetto ai comportamenti collettivi.

* Cose dell'altro mondo

Avvenimenti talmente incredibili da poter essere solo fenomeni sovrannaturali.

* Così è se vi pare

Le cose stanno in questo modo, che sembri o no.
Dal titolo di una celebre commedia di Luigi Pirandello.

* Costi quel che costi

A qualunque prezzo. Non solo in senso di danaro, ma anche di tempo, di lavoro, ecc.

* Costruire sulla roccia / sulla sabbia

Costruire sulla sabbia significa «costruire su presupposti deboli, su qualcosa di incerto e cedevole».

Nel Vangelo è contrapposto a costruire sulla roccia, cioè su qualcosa di solido e sicuro.

"Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia.

Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia.

Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia.

Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande. (Vangelo secondo Matteo 7,21.24-29).

Nella realtà la sabbia è un ottimo terreno su cui costruire.

continua.....

Edited by silvanapat - 22/2/2008, 15:20
 
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56 replies since 29/11/2007, 08:18   31384 views
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