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"SCULTURA"- Adolfo Wildt, uno scultore grande ma poco conosciuto

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silvanapat
view post Posted on 3/6/2008, 14:58




ADOLFO WILDT




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Milano 1868 - 1931



Adolfo Wildt nasce il primo marzo 1868 a Milano da genitori italiani: il padre Adamo è portinaio a Palazzo Marino.

Nonostante il cognome di origine nordica e per l’esattezza svizzera, la famiglia Wildt risiede a Milano da molte generazioni.

Le origini modeste di una famiglia numerosa - Wildt è il primo di nove figli – spingono il giovane a interrompere gli studi per fare esperienza nella bottega di un barbiere, poi di un orefice e infine da un marmista.

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Arturo Ferrarin - 1929



A undici anni entra nella bottega dello scultore Giuseppe Grandi dal quale apprende i primi rudimenti dell’arte plastica.

Nel 1881 entra nella bottega dello scultore Federico Villa dove impara a scolpire il marmo.

Nel 1885 inizia a frequentare, anche se solo per un anno, l’Accademia di Brera dove segue i corsi di Francesco Barzaghi e di Ambrogio Borghi.

La presenza negli ambienti dell’Accademia di grandi gessi che riproducono la statuaria ellenistica e non solo, esercitano su di lui una grande influenza.

Nel 1892 scolpisce Vedova, il volto della moglie, Dina Borghi, sposata l’anno prima.

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La vedova - 1892



A detta dello scultore, questo marmo rappresenta la sua prima opera.

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La maschera dell'idiota - 1910



Nel 1893 risale l’esecuzione della prima scultura funeraria - Monumento funebre alla famiglia Losa (cimitero di Vigevano) -, un genere che troverà in Wildt un grande e prolifico interprete.

Per la prima volta partecipa all’Esposizione Straordinaria Nazionale al Palazzo della Permanente (Milano).

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FILO D'ORO - 1927



L’anno seguente partecipa alla II Triennale di Brera, al Castello Sforzesco di Milano. Nel 1900 apre lo studio in corso Garibaldi 97 a Milano.
Espone in Germania alla Mostra della Secessione di Monaco e in Italia alla IV Triennale che si tiene a Brera.

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Ritratto di Carolina Trotti - 1927



In entrambe le sedi presenta L’uomo che tace (1899).

Espone, nel 1906, alla Mostra Nazionale di Belle Arti alla Permanente.

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la madre



Nel corso di quest’anno matura una profonda crisi esistenziale e creativa che si protrarrà per tre anni. Il superamento della crisi trova il proprio suggello creativo nell’Autoritratto.

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Maschera del dolore - Autoritratto.



Nel settembre del 1912 espone il gruppo scultoreo Trilogia (composto da il Santo, il Savio, il Giovane) alla Biennale di Brera che si tiene alla Permanente.

Con quest’opera gli viene assegnato il Premio Principe Umberto.

La morte di Franz Rose lo riporta di fronte alle impellenze del quotidiano.

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Prigione - 1915



Per ovviare alle ristrettezze economiche riprende a lavorare negli studi degli altri artisti.

Nel 1919 espone alla Galleria Pesaro con i pittori Alciati, Biasi, Cinotti e Bonzagni, recentemente scomparso.
La mostra ottiene successo di pubblico e di critica.

Nel 1920 trasferisce lo studio in via Vivaio 14 a Milano.

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Cesare Battisti - 1926



Nel corso di quest’anno realizza e inaugura due monumenti ai Caduti: La quercia delle anime ad Appiano Gentile e Il pozzo delle lacrime a Valduggia.

Nel 1921 scrive "L’arte del marmo", pubblicato da Ulrico Hoepli, e partecipa alla I Biennale Romana, alla I Biennale di Napoli e alla collettiva Arte Italiana Contemporanea presso la Galleria Pesaro con presentazione di Ojetti.

Nel 1922, per la prima volta viene invitato ad esporre, in una sala personale con Mazzucotelli, alla Biennale di Venezia.

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Santa Lucia



Tra le opere realizzate nel 1923, ricordiamo il ritratto di Mussolini, opera commissionata da Margherita Sarfatti e collocata nella Casa del Fascio di Milano in Corso Venezia.

Al Circolo d’Alta Cultura di via Amedei viene aperta una scuola serale e gratuita per la lavorazione del marmo.
Nello stesso anno si annuncia il trasferimento della Scuola del Marmo nell’Accademia di Belle Arti di Brera, che avverrà anni dopo, nel 1926.

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maschera



Nel 1924 partecipa alla XIV Biennale di Venezia, al Salon d’Art Italien a Bruxelles e alla mostra Internazionale della Medaglia Moderna presso la Società Numismatica Americana di New York.

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la protezione



L’anno seguente aderisce al Comitato Direttivo del “Novecento Italiano” ed espone alla Galleria Pesaro il ciclo di disegni "Le grandi giornate di Dio e dell’Umanità".

Nel 1926 ottiene la cattedra di Plastica della Figura all’Accademia di Belle Arti di Brera.

La Scuola del Marmo viene finalmente trasferita nelle aule di Brera.

La casa editrice Bestetti e Tumminelli pubblica la prima monografia sull’artista.

Partecipa alla I Mostra d’arte del Novecento italiano in cui fa parte del Comitato direttivo.

In questa occasione espone Madre adottiva e Nicola Bonservizi (1925), quest’ultima fu l’unica opera citata da Mussolini nel discorso inaugurale.

Partecipa alla XV Biennale di Venezia esponendovi opere quali Pio XI e San Francesco.

Nel corso del 1927 porta a termine Filo d’oro, Santa Lucia, Maschera di Cesare Sarfatti, Campanello.

Nell’ambito dei monumenti funebri realizza quelli di Hoepli, Bistoletti, e la Lapide di Ada Cavalieri Salietti, tutti nel Cimitero Monumentale di Milano.

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Cimitero monumentale di Milano - 1929 - Komer Tomb



Nel 1929 viene nominato Accademico d’Italia.

Partecipa a numerose mostre sotto l’egida novecentista tra le quali si ricordano la seconda mostra del Novecento Italiano alla Permanente e quella di Berlino, alla Juryfreie, segnata dai contrasti tra Novecento e il Novembre Gruppe che sottolinea lo scarto tra le caricature di Heartfield e la maschera di Mussolini di Wildt.

Nel 1931 partecipa, con una retrospettiva, alla I Quadrinnale di Roma al Palazzo delle Esposizioni.

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la concezione



Qui espone una serie di disegni e sette sculture tra le quali spicca Parsifal (Puro folle), un gesso alto sei metri circa. Nello stesso anno Adolfo Wildt muore a Milano.

(Gemonio, 14 luglio 2007 -Archivio Italia: ADOLFO WILDT. ANIMA MUNDI
Pubblicato Monday, 16 July 2007 alle ore 11:07 da informarte)


LO SPIRITO INCARNATO NEL MARMO

Uno scultore attento ai segreti della materia, un uomo, il milanese Adolfo Wildt morto nel 1931, che tra fine Ottocento e la prima metà del Novecento ha fatto un uso singolare del marmo: levigando, sbiancando il materiale secondo insegnamenti del passato, ma anche utilizzando nelle sue opere pietre dure ed oro, o accostando il marmo al bronzo ed al mosaico.

Un artista particolare nella tecnica e nei contenuti, che rappresentava tutto il senso della sofferenza, il mondo interiore e la spiritualità con forme scavate, pieni e vuoti.

Con una serie di scelte iconografiche e stilistiche personali, Wildt è riuscito a coniugare il passato e il suo presente, anticipando anche il futuro.


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Vir temporis acti



CA' PESARO
MUSEI VENEZIANI


Adolfo Wildt

Questa sala fronte Canal Grande è dedicata alla preziosissima donazione delle sculture di Adolfo Wildt, offerta nel 1990 dagli eredi Wildt-Scheiwiller.

Il grande artista milanese fu protagonista della stagione simbolista ma anche di sperimentazioni e innovazioni che lasciarono il segno sulla successiva generazione.

Di particolare rilievo la serie di opere qui esposta, tra cui la doppia erma in marmo dorato Carattere fiero-anima gentile (1912), il Ritratto di Franz Rose, suo amico e mecenate, pure in marmo e le grandi sculture del primo periodo, Parlatori , Il crociato.

Larass (1903) è il bozzetto per il ritratto, di impronta ancora naturalistica, dell’architetto tedesco cui Franz Rose aveva affidato la realizzazione dei giardini della tenuta prussiana di Doehlau.

Della donazione fa parte anche il Parsifal, ultima opera di Wildt, di cui resta solo il grande frammento in gesso.

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Adolfo Wildt (1868 - 1931)
Carattere fiero - Anima gentile (1912)
Marmo con dorature, cm. 38 x 56,7 x 37
Venezia, Ca' Pesaro - Galleria Internazionale d'Arte Moderna, Sala 3
Inv. 4315



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Adolfo Wildt (1868 - 1931)
Ritratto di Franz Rose (1913)
Marmo, cm. 54,5 x 55,5 x 40
Venezia, Ca' Pesaro - Galleria Internazionale d'Arte Moderna, Sala 3
Inv. 4316



:rolleyes: CONSIDERAZIONI FINALI :rolleyes:


Oggi pochi in Italia conoscono Wildt, che pure gli studiosi considerano uno degli scultori più significativi del nostro secolo.

E non è un caso.

Basti pensare che i manuali di storia dell’arte più diffusi non lo citano nemmeno, oppure ne riportano soltanto il nome, di sfuggita.
:woot: :woot: :woot:

FONTE:
http://www.sapere.it/
www.museiciviciveneziani.it
http://www.oltremagazine.com/index.html?id_articolo=599

Edited by silvanapat - 3/6/2008, 17:03
 
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