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Edward S. Curtis - "il cantore degli Indiani d'America", "Il fotografo del west e degli Indiani d'America"

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silvanapat
view post Posted on 29/8/2008, 11:54




EDWARD SHERIFF CURTIS



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Autoritratto



Edward Sheriff Curtis (Whitewater, 16 febbraio 1868 – Los Angeles, 19 ottobre 1952) è stato un esploratore, etnologo e fotografo statunitense.

Mise la sua macchina fotografica al servizio di quello che si rivelerà lo scopo primario della sua esistenza: fotografare - tanto in senso etimologico quanto filosofico - i volti e le situazioni che segnavano la forzata decadenza dei nativi americani appartenenti alle ottanta tribù ancora esistenti fra la fine dell'Ottocento e gli albori del XX secolo.

Il suo scopo essenziale fu quello di documentare nella maniera più ampia, servendosi non solo della fotografia, gli usi e i costumi in via di estinzione del popolo degli indiani d'America.

Nel 1907, in occasione della pubblicazione della sua prima raccolta fotografica, Curtis scrisse una lunga introduzione nella quale esplicitava il proprio intendimento di perseguire una dettagliata raccolta - attraverso singole schede - di ogni tipo di testimonianza possibile di capi tribù (incluso diecimila registrazioni effettuate con un proto-registratore a cilindri di cera delle circa lingue diverse e delle musiche adottate da quel popolo, ma anche descrizione di cibi, decorazioni, attività di ricreazione e cerimonia, usi funebri, ecc.) che accompagnasse in maniera adeguata il suo progetto.

L' inventario ragionato che aveva in mente doveva fissare nel tempo un fenomeno che di lì a poco sarebbe di fatto scomparso e che riguardava l'intero popolo dei pellerossa stimato solo un secolo prima, in piena età dei lumi, in oltre un milione di persone, ma che sarebbe sceso di lì a poco a meno di quarantamila.

La sua opera The North American Indian fu pubblicata in oltre un ventennio, completandosi nel 1930: constava di venti volumi e portfolio rilegati a mano in pelle, con copia lettere a torchio: in tutto 1.500 fotografie, frutto della selezione di circa cinquantamila scatti, e 4.000 pagine di testo.

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Frontespizio di The North American Indian



Oltre 2.200 immagini in fotoincisione furono stampate su acqueforti secondo la tecnica della photogravure e con l'uso, a seconda della dimensione, di tre diversi tipi di carta: Van Gelder (costituita da fibre vegetali), Vellum (composta con l'uso di riso giapponese) e Tissue (di seta giapponese lavorata a mano).

È stato calcolato che il pioniere-fotografo abbia stampato 272 set completi di quello che può essere considerato il suo unicum.

Di tali copie, 220 sono quelle conservate presso istituzioni pubbliche e private, sia d'Europa che statunitensi.

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Una pagina dedicata a Curtis dal Seattle Sunday Times



Quasi ottantacinquenne, Curtis morì il 21 ottobre 1952 a causa di un infarto mentre si trovava nella casa della figlia Beth a Los Angeles.

Non fece in tempo a vedere pubblicata la sua autobiografia.

Fu sepolto al Forest Lawn Memorial Park di Hollywood Hills e il New York Times pubblicò il seguente necrologio:

« Edward S. Curtis, esperto mondiale di storia degli indiani nordamericani, è morto a 84 anni nella casa della figlia, Mrs Bess Magnuson.
Dedicò la sua vita alla compilazione di una storia degli indiani [d'America].
Le sue ricerche furono condotte sotto il patrocinio del defunto finanziere J. Pierpont Morgan.
La presentazione della sua monumentale opera editoriale è opera del presidente Theodore Roosevelt. Mr. Curtis era famoso per la sua attività di fotografo. »



Personaggio per molti versi misconosciuto, aveva legato - forse inconsapevolmente - il proprio nome alla leggenda.

In un'era in cui i viaggi sul territorio nordamericano comportavano rischi e incertezze, non si fece intimorire dalla possibilità di organizzarne in grande quantità e con uno scopo ben preciso.

Al termine della sua ricerca storico-documentaristico-fotografica - che coincideva con il crepuscolo di una epopea, l'epopea del vecchio ovest e del popolo pellerossa - Curtis avrebbe percorso quasi 65.000 chilometri, utilizzando per i suoi spostamenti lungo terreni impervi e veloci corsi d'acqua ogni mezzo possibile, dal treno, alla canoa, alle marce a piedi o con ogni mezzo avesse avuto a disposizione.

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Guerriero Piedi neri



L'opera di Curtis propone intense scene di vita quotidiana, profondi ritratti, grandiosi paesaggi e momenti rituali di numerose popolazioni degli Stati Uniti, tra cui Hopi, Apache, Assiniboin, Blackfeet, Cheyenne o Comanche, illustrandone la straordinaria diversità e celebrandone la storia, la dignità e la bellezza.

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Pagina del New York Times del 16 aprile 1911 dedicata a Curtis



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Foto di un nativo americano



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Crow's Heart, Mandan



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Ragazze Mandan raccolgono bacche



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Giovane Zuni con vaso




fonte:
wikipedia



Edited by silvanapat - 2/9/2008, 08:06
 
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Vany!
view post Posted on 29/8/2008, 16:37




è molto billo quello che ha fatto, è importante voler conoscere tante cose e renderle pubbliche ^_^
 
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view post Posted on 1/9/2008, 12:59
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La felicità è come una farfalla:dura il tempo di un battito d'ali

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:42m5b8n.gif: :42m5b8n.gif: stupendo post :022.gif: me lo sono letto con vero piacere. :wub: ...ora attendo il seguito

grazie silvana :025.gif:
 
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silvanapat
view post Posted on 2/9/2008, 07:26




Libro :

INDIANI
di Edward S. Curtis




L’iconografia tipica del cinema americano commerciale e la distorta (e insana) mitologia della civilizzazione imposta dall’uomo bianco, hanno generato nella produzione hollywoodiana innumerevoli film in cui l’indiano nativo americano era dipinto sotto una luce falsa ed errata che tendeva ad evidenziare presunte inverosimili attitudini violente e primitive.


Si trattava in realtà del tentativo da parte della ricca società americana di dare forma e struttura, accettabile moralmente, ad un violento processo di colonizzazione di cui hanno fatto le spese proprio gli autoctoni del continente nord americano.

Eppure già nel 1914, Edward S. Curtis con il suo lungometraggio :

"In the Land of the Headhunters"



cercò di stroncare sul nascere questa incresciosa tendenza alla raffigurazione in chiave negativa degli indiani.

Quello girato da Curtis era un film di finzione di impostazione etnologica, con qualche tocco creativo dello stesso autore che in seguito fu accusato di non aver svolto il lavoro in maniera rigidamente filologica.

Ma a parte quest’opera cinematografica, Curtis è noto per essere stato il cantore visuale degli indiani d’America, rappresentati in un’ampia collezione fotografica di notevole importanza.

Una piccola ma interessante selezione è stata pubblicata dalla casa editrice Taschen, nella collana Icons.


Edward S. Curtis
Ragazza Qahatika, 1907



Ritratti frontali con sguardo in macchina, profili ieratici, sorrisi infantili appena accennati, scene di vita quotidiana, uomini mascherati, occhi neri come il carbone.


Edward S. Curtis
Vash Gon
Jicarilla, 1904



Curtis passa dal volto di questi individui al contesto ambientale in cui vivono, denotando un’attenzione scientifica per la documentazione visiva di un popolo strettamente collegato alla natura e ai grandi spazi.

Dai visi di questi uomini e di queste donne emerge una forza umana impressionante.


Edward S. Curtis
Shot in the Hand
Apsaroke, 1908



Ogni ruga, ogni segno sembrano come scolpiti dal/nel tempo.

L’equilibrio dei lineamenti, la fierezza dello sguardo, l’antica profondità espressiva di queste figure trasformano immagini fotografiche in icone di un mondo, ormai quasi totalmente scomparso, portatore di un patrimonio di tradizioni e usi di grandissima importanza.

Il volume Taschen dedicato all’opera di questo fotografo riporta circa centoquaranta immagini di grande impatto visivo e storico e si conclude con una biografia, forse un po’ schematica, ma estremamente utile per tutti gli appassionati di fotografia.



qui troverete la galleria fotografica:

http://www.afterimagegallery.com/curtisnew.htm


fonte:
http://www.cultframe.com
 
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pieraim
view post Posted on 2/9/2008, 18:19




Bellissima discussione!!!! :42m5b8n.gif: Grandeeeeeee Silvana !!! :yahoo4lu.gif:
 
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5 replies since 29/8/2008, 11:54   1723 views
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