La materia prima, e cioè i sassi di mare, quelli spugnosi, la panchina livornese, come la chiamano i geologi .
La raccomandazione era quella di non far prendere aria a questi sassi, altrimenti il brodo veniva cattivo.
Come si faceva a risolvere questo problema? Semplice: immergendo un secchio nell’acqua di mare, prelevando i sassi dal fondo , senza portarli fuori dall’acqua, e mettendoli direttamente nel secchio. Questa era la materia di base.
Oltre ai sassi, nella pentola ci dovevano essere: il sedano, uno spicchio di cipolla, una mezza carota, un pochino di prezzemolo, un pomodorino da minestra .
Bollito il tutto in acqua dolce ed un pochino di acqua salata, così si risparmiava anche il sale, questo brodo veniva passato in un setaccio a maglia fittissima, per trattenere l’immancabile rena; in mancanza andava bene anche un pezzo di stoffa ricavata da una vecchia federa.
In questo brodo veniva lessata la pasta, normalmente le “puntine”, quindi veniva servito caldissimo con un pochino di olio a crudo, o anche senza.
Oggi non ci provi nessuno a farlo, il fondo marino non è certo quello di cinquant’anni fa.